Il lontano Perù dei bimbi tra Lima e l’Amazzonia

La storia di Martina Uda [Una amica di Dyaphrama], un architetto che lavora a progetti di cooperazione Costruisce scuole per le bidonville e i villaggi dei nativi che abitano la foresta 

di Enrico Carta [La Nuova Sardegna 27/04/2017]

ORISTANO. L’altra parte del mondo non è solo un luogo geografico. Non è fatta solo di alberi diversi, di città che hanno nomi dal suono magari un po’ strano. L’altra parte del mondo è fatta di volti, modi di vivere, persone. È lontana, ma non per chi la vuole scoprire e fare propria. Non è solo lo spirito di avventura, ma anche la voglia di conoscenza e di mettersi in gioco ad aver spinto Martina Uda sino al Perù dell’immensa capitale Lima e delle vastissime propaggini della foresta amazzonica.

Architetto di 30 anni di Santa Giusta, ha fatto le valigie qualche tempo fa quando ancora era studentessa. «Dopo l’esperienza universitaria di Cagliari, ho proseguito gli studi con un master preso tra Alghero e la Cina. A quel punto ero pronta per il lavoro, però avevo il desiderio di fare un’esperienza nell’ambito della cooperazione». Facile? No, per niente. Il settore è povero e per un anno le risposte non sono arrivate. L’occasione però passa e chi la sa attendere viene ripagato. «Attraverso il servizio civile sono stata inserita nell’associazione peruviana Semillas fondata da Marta Maccaglia e a quel punto ho fatto i bagagli».

Era l’ottobre del 2015 e il Perù è diventata la terra di Martina Uda per undici mesi divisi a metà tra Lima e l’Amazzonia. «Il mio lavoro – racconta – si è svolto in due diverse fasi. La prima nel sobborgo di Huaycon, una bidonville simile alle più conosciute favelas brasiliane, ma con una densità di popolazione inferiore». È allora che, anche nel lontano Perù, spunta fuori l’architetto: «Mi sono occupata di attività di doposcuola con i bambini e tra queste c’erano proprio laboratori di architettura, naturalmente adattata allo spirito dei piccoli alunni e orientata allo sfruttamento delle potenzialità che anche una periferia di una città come Lima offre loro».

La compagnia di quattro donne si è poi spostata verso la foresta, quella terra mitica che porta il nome di Amazzonia e che rimanda indietro sino alle storie dei primi colonizzatori e all’instancabile amore per la propria terra dei nativi. «Lì il nostro lavoro è cambiato – spiega Martina Uda – perché le scuole in molti villaggi da loro abitati proprio non esistevano. Per progettarle e costruirle servono soldi e a questo, io e le mie compagne, ci siamo dedicate a lungo». Poi è iniziata la fase di costruzione, mai banale come si potrebbe pensare osservando tutto ciò con gli occhi da europei benestanti. «Il primo passo – prosegue – è quello di analizzare il luogo, studiarne le esigenze e capire se la nostra iniziativa è accolta con favore. Una volta superata questa fase si parte: loro prestano la manodopera per abbattere i costi di realizzazione e noi mettiamo a disposizione le nostre conoscenze. L’associazione ha costruito quattro scuole – racconta–. Io mi sono occupata della costruzione di una scuola elementare iniziata ad agosto del 2016. Si chiama Jerusalem de Minaro e ospita duecento bambini, una sala mensa e un locale per assemblee. È fatta

principalmente di legno ed è stata editifacata con un mix di tecniche moderne e tradizionali». Ora Martina Uda è pronta per il nuovo viaggio, quello che porta alla conclusione dell’opera. Ci si può chiedere perché e la risposta è di una semplicità imbarazzante: «Lascio il futuro lì. A loro».

 

Link all’articolo originale: http://lanuovasardegna.gelocal.it/oristano/cronaca/2017/04/27/news/il-lontano-peru-dei-bimbi-tra-lima-e-l-amazzonia-1.15260010?ref=hfnsorec-4

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