Incontri d’autore: Umberto Verdoliva il 16 giugno da Dyaphrama

Serata “Incontri d’autore” con Umberto Verdoliva – La fotografia di strada. Appuntamento venerdì 16 giugno alle ore 21.00, c/o la sede della associazione Dyaphrama in Via Degli Artigiani 8/c ad Oristano.

Archiviata con successo la mostra degli allievi del 19° Corso di Fotografia, iniziamo il 2° semestre con un “Incontro d’autore” d’eccezione. Umberto Verdoliva, uno dei più importanti fotografi italiani di fotografia di strada, sarà ospite di Dyaphrama nella serata di venerdì 16 giugno per illustrare il suo essere fotografo raccontando se stesso e i suoi lavori.

EVENTO RISERVATO AI SOCI DYAPHRAMA!

Se vuoi scoprire in anteprima chi è e cosa pensa Umberto Verdoliva, leggiti questa intervista che ha rilasciato a Sara Munari per il suo blog MU.SA. nel 2015:

Come ti sei avvicinato a questo genere fotografico? Dal primo momento in cui mi sono avvicinato alla fotografia ho istintivamente iniziato a fotografare persone, forme urbane, attimi di vita. La scelta di impegnarmi solo nella fotografia di strada è avvenuta tenendo conto di questa mia attitudine naturale, l’aver visto poi, una serie di lavori tra cui quelli di FAN HO e CARTIER BRESSON che mi hanno colpito e fatto capire quali possibilità espressive poteva darmi questo tipo di fotografia, ha avuto certamente la sua importanza, come anche quella di aver avuto riscontri positivi sin da subito.

Quale è il tuo lavoro preferito di street e di quale autore? Fan Ho, mi ha fatto capire come poter giocare con la luce e rendere affascinanti semplici scene urbane. Cartier Bresson mi ha insegnato l’importanza della composizione in fase di scatto, la velocità di esecuzione e l’importanza di un equilibrio formale all’interno del fotogramma. Da Martin Parr ho compreso che attraverso l’indagine nel quotidiano puoi evidenziare aspetti sociali importanti della società contemporanea, il suo approccio è unico, perfetto, ottiene quasi tutto dalla gente con il suo modo di fare, pur restituendone una immagine sociale non certo positiva. Da William Klein, forse il più grande, ho imparato quanta umanità può venir fuori dalle fotografie e da come le regole possono essere completamente sovvertite dalla forza del contenuto. Da André Kertész a Saul Leiter la geniale eleganza, da Daido Moriyama le affascinanti visioni umane ed urbane e così ancora per tanti… I grandi maestri attraverso le loro immagini insegnano la fotografia anche a distanza di tempo e influenzano le visioni di chi li osserva. Quindi, più che un lavoro preferito ho in mente una serie di fotografie e alcuni libri (l’infinito istante di Geoff Dyer su tutti) che mi accompagnano ogni giorno.

Quali sono gli autori di street che ha livello mondiale hanno qualcosa da insegnare, secondo te? Ci sono molti autori contemporanei che sono un punto di riferimento costante per la fotografia di strada, in questo senso, uno sguardo al collettivo InPublic è fondamentale. Quasi tutti i membri interpretano una fotografia in maniera molto personale e di grande qualità e impatto. Ci sono visioni originali, forti, particolari, mai banali, colgono attimi significativi. Poi Alex Webb con la sua capacità di cogliere quasi sempre complesse interconnessioni all’interno del fotogramma, Bruce Gilden che impressiona per l’impatto tanto al limite con i soggetti fotografati, Mark Cohen, Bruce Davidson.…insomma di autori interessanti ce ne sono tantissimi, molti emergenti e che, grazie al web, riesci di volta in volta a scoprire. La fotografia di strada italiana, è in pieno cammino ma ci vuole ancora un po’ di tempo per raggiungere tali livelli ci vuole anche un ambiente che l’aiuti e le dia la giusta considerazione – critici, photo editor, curatori che sappiano indirizzarne la crescita culturale e diano fiducia a chi la pratica con talento e impegno.

Qual è il tuo personale lavoro di street che preferisci? Perche? Sicuramente “Prigioniero della privacy” realizzato nel 2009, credo di essere stato il primo a trattare fotograficamente un tema ancora oggi attuale come quello della privacy, penso con una certa originalità, ironia e allo stesso tempo cercando di porre degli interrogativi e attenzione sul futuro della fotografia di strada.

Cosa significa “atteggiamento fotografico street”? (intendo la street è solo in strada o è piu un approccio street?) Il termine “atteggiamento fotografico street” per me non ha molto senso. La parola “street photography” a mio parere dovrebbe essere solo un modo per identificare un certo tipo di attività fotografica rivolta quasi esclusivamente ad indagare il quotidiano spinti dall’interesse per l’umanità, non necessariamente in strada ma dovunque ci sia libera e pubblica interazione tra genti. La città è certamente il luogo principale, ma può essere praticata ovunque. Non capisco perché per altre definizioni fotografiche sia tutto chiaro mentre dire “street photography” confonda e metta tanti dubbi, alimentando a volte discussioni infinite, che spesso mandano in crisi anche gli stessi fotografi che la praticano. Forse perché è diventata in poco tempo alla portata di tutti? Forse perché ci si avvicina ad essa senza essere consapevoli di cosa è già stato realizzato? per questo la si guarda con indifferenza? Non so. Certo è facile da praticare, basta poco, come negarlo, ma non significa che non debba essere presa in considerazione alla pari di altri generi. Praticarla bene e con grandi risultati è difficilissimo, impegnativo e, sicuramente, non è alla portata di tutti, anzi! anche i più bravi rischiano di cadere facilmente nel banale e mostrare scene con poco significato. Un’altra cosa che confonde è che la si giudica spesso con gli stessi criteri del reportage, con la stessa attesa di leggerne un racconto. Per me, la street photography è osservare fotograficamente ciò che ruota intorno alla mia vita cercando di restituire in maniera interessante qualcosa del fare umano che non tutti vedono. Inoltre, non conosco le persone, sono ignaro delle loro storie personali, posso solo immaginarle, mi lascio attrarre dai volti, dalle situazioni, dall’attimo da cogliere, dalla luce, dal contesto urbano, posso interagire cercando uno sguardo ma posso anche essere discreto per coglierne la massima spontaneità. Serviranno mai queste foto? Non so, forse ce ne sono troppe in giro ma qualcuna, sicuramente, sarà memoria “il come eravamo” per le generazioni future. Poi c’è anche chi attraverso questo osservare trasforma completamente la realtà restituendone immagini irreali, apparenti, fantastiche, introspettive, secondo le proprie visioni, davvero le sfumature sono tante e le apprezzo quasi tutte. Non è detto che alla fine con questa sommatoria di attimi non si possa comunque raccontare qualcosa della società di oggi ma sicuramente in maniera diversa. Nel reportage, invece, posso preparare il lavoro fotografico parlando con i soggetti della storia, programmando il mio racconto, organizzando le cose, passando molto tempo nel luogo per farmi accettare, per conoscere i fatti, per evitare di raccontare cose non vere, posso fare reportage anche avendo un approccio come quello della street photography, cioè con un alto grado d’improvvisazione (forse è questo che s’intende per atteggiamento fotografico street?), ma le immagini che colgo hanno sempre un legame con quello che desidero raccontare, evidenziare o denunciare con il fine di aiutare ed informare la società. La street photography tutto questo non lo richiede, esiste anche l’aspetto documentativo e di cronaca ma non è la sua essenza. L’andare liberi in strada porta spesso il trovare scene, nel tempo, che hanno un filo conduttore comune e, a volte esso, si trasforma in “ricerca e progettualità” legata al modo d’interpretare quello che vedi…e credo non lo si apprezzi adeguatamente, così nella street photography molti catalogano in serie il proprio lavoro ma l’elemento fondamentale è sempre quel momento significativo e spontaneo immediato che può essere anche il frutto di una attesa lunga, pazientemente aspettata, ma che punta decisamente lo sguardo sulla umanità intorno a te con tutte le interconnessioni presenti e possibili. Chi la pratica si diverte tantissimo di solito, esce fuori il gusto del cacciare e poi ti apre in modo impressionante al contatto con gli altri.

Come ci si muove per strada? Anche qui, per me non c’è nessuna regola, di solito spingo a seguire il proprio istinto, le cose che ti attraggono. L’esperienza è importante, anche la sicurezza con cui ti avvicini alle persone, il tuo modo di fare deciso, la consapevolezza che esprimi agli altri che non stai facendo nulla di male. La gente avverte se non sei convinto o se hai timore di loro e così si nega. Alle provocazioni mai reagire nello stesso modo ma essere sempre gentili e scusarsi nel caso, fotografare deve diventare il piacere di un incontro questo è il mio parere.

Quando una foto di street non ha senso e quando si? Se ha avuto senso lo dirà soprattutto la foto. Anche qui non c’è una regola precisa, sarebbe impossibile averne, a volte sembra non aver avuto senso scattare una foto d’istinto e invece ti accorgi a posteriori di aver colto un gran momento. Certo, scatto nel istante in cui “sento” che sta per accadere o sono attratto da qualcosa, ma di solito poi mi pongo una lunga serie di domande: ne è valsa la pena scattare questa foto? Poi per dire cosa? Così la produzione di fotografie si abbassa notevolmente di numero, aumenta lo spirito critico e si scatta solo quando credi sia davvero indispensabile farlo. A tavolino la selezione è severa: che forza ha la foto scattata? Davvero attira? C’è qualcosa che altri non hanno visto? Ti meraviglia? Trasforma l’ordinario in qualcosa di speciale? Contiene cose che sono state evidenziate tante volte? È la tua visione? Può essere collegata ad altre tue immagini per portare avanti una idea, una serie, uno stile, un tuo pensiero? Mette in difficoltà il soggetto ripreso? L’offende? Se fossi tu il soggetto ti farebbe piacere vederti così? Consiglio di ponderare e valutare nel tempo le proprie immagini in funzione di quello che sei e vuoi rappresentare, capirne la forza e solo dopo , quando si è convinti e si riesce a “difendere” la propria produzione, proporle in giro, non viceversa.

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