Rientra nell’ambito delle celebrazioni per i 70 anni dalla nascita di Magnum, prima agenzia fotografica indipendente che ha documentato gli avvenimenti cruciali del XX secolo, la mostra a Palazzo di Città: un esauriente spaccato della Sardegna dal dopoguerra fino agli Anni Settanta, attraverso le immagini dei più celebri fotografi della leggendaria agenzia.
Settanta scatti restituiscono il volto di una terra arcaica, in un periodo in cui si strutturava una coscienza etnografica, sulla base di un approccio antropologico. Alla ricerca di quel legame tra l’essere umano e il territorio che costituisce il cardine dell’identità di un luogo e di chi lo vive. Il primo ad arrivare in Sardegna è Werner Bischof. È il 1950 e realizza un ampio reportage per Epoca tra l’Iglesiente e il Campidano, immortalando il lavoro dei campi, l’intimità degli interni domestici e lasciandosi sedurre dal mercato cagliaritano. A lui dobbiamo le rare immagini delle famiglie indigenti che abitavano gli spazi sotterranei dell’anfiteatro romano oltre a quelle dei piccioccus de crobi (ragazzi della cesta), adolescenti senza famiglia che per poche monete trasportavano la spesa delle signore borghesi.
DA SEYMOUR A SCIANNA
Gli scatti di David Seymour, fotoreporter di guerra che amava definirsi “artigiano della fotografia”, si concentrano invece sul capoluogo, soprattutto sulla festa religiosa di Sant’Efisio, patrono della città, mettendo magistralmente in evidenza la fede e la speranza di un popolo che fatica a emergere dalla miseria del dopoguerra. Al contrario di Bruno Barbery, il quale dieci anni dopo immortala l’opulenza dei gioielli che adornano i costumi sardi durante l’immancabile sfilata dedicata al santo. Al fotografo franco-marocchino interessa soprattutto la vita quotidiana e, dopo Cagliari, si dedica ad alcuni paesi del nuorese. Celebre l’immagine del cartello stradale di Orgosolo deformato dai continui colpi d’arma da fuoco. Anche Ferdinando Scianna è rapito dai paesi dell’interno. Il suo primo viaggio nell’isola risale al 1969, ma ritornerà fino al 2003 per documentare scene di caccia, pause al bar con annessi canti a tenore, incursioni dei Mamuthones e pattugliamenti delle forze dell’ordine contro l’abigeato.
LO SGUARDO DI CARTIER-BRESSON
Per incarico di Vogue Henri Cartier-Bresson arriva in Sardegna nel 1962 e si ferma una ventina di giorni. Oltre Cagliari, di cui riprende il Bastione e l’ingresso della chiesa di San Michele con un approccio discreto e lo scatto fulmineo, visita Oliena, Desulo, Dorgali e Orgosolo e a Orani è ospite di Costantino Nivola. Chiude la significativa esposizione il documentario di Fiorenzo Serra ‒ caratterizzato da un excursus di stralci di paesaggi con un importante focus sul ciclo della lavorazione del pane carasau ‒, il regista sardo che ha testimoniato i cambiamenti epocali dell’isola tra gli Anni Cinquanta e Settanta.
‒ Roberta Vanali